venerdì 29 giugno 2012

QUELLA DI EDUCARE E' ANCORA MISSIONE...?

        Titolo volutamente provocatorio per questo thread di fine anno scolastico, costituito, come si vede, da una domanda fortemente retorica. Quella di educare è , infatti, e rimane  senz'altro una missione fondamentale in generale, e in particolare  per Jeanne Antide e per le Suore della Carità da lei volute. Una carità intelligente , appunto, una carità  che si concretizza quotidianamente nell'opera di educare evangelizzando e di evangelizzare educando che anima tutte le nostre scuole e tutte le nostre iniziative anche al di fuori della scuola propriamente detta.
      Eppure è una domanda che  torna a interpellarci  in questo primo scorcio d’estate, e non solo come operatori  di scuola cattolica, ma anche come  credenti: possiamo ancora ritenerci in missione in campo educativo oppure dobbiamo ricorrere ad altri parametri, ad altre valutazioni, ad altre dimensioni oggettive o categorie di pensiero per qualificare l'opera educativa in sè?
     La domanda resta ovviamente aperta: potremnmo abbozzare mille risposte, con mille distinguo, con altrettanti "se" ,"sebbene" e "ma", però resterebbe ancora inevitabilmente aperta.
      L’educazione infatti  si trova ad affrontare sfide inedite. Ma, come scriveva  Agazzi, già all’inizio degli anni ’80, il concetto di ‘sfida’ all’educazione può essere perfino pericoloso in quanto può far pensare alla necessità di dover ‘rispondere’ puramente e semplicemente a richieste, motivazioni, ‘esigenze’, provocazioni che provengono dall’esterno per adeguarvisi.        Più che ‘rispondere’ a sfide imposte dai ‘fatti’, si deve forse ritenere che l’educazione debba, essa stessa, sfidare positivamente, e perfino aggressivamente dove è necessario, i puri fatti sociali, culturali, degenerativi, disumani e disumanizzanti: così da poter dire, più che sfida all’educazione, sfida dell’educazione, da parte dell’educazione.
        In sostanza, secondo questo e altri autori, si può dire che nell’arco degli anni più recenti si sono create situazioni teoretiche, scientifiche e culturali che interrogano con una certa forza e pressione l’educazione e la scuola intorno ad alcune questioni fondamentali e generali. Tra queste Monsignor Zani in un suo illuminante intervento sul tema  individua come più importanti le seguenti:

        a) La scuola a tutti e per tutti. E’ una prima sfida che riguarda quell’espansione e caratterizzazione che hanno impresso i primi lineamenti di struttura e di animazione all’educazione e alla scuola, in conseguenza del principio democratico della ‘scuola a tutti’, non soltanto in vista del ‘minimo almeno’ necessario a chiunque di istruzione, ma del ‘massimo possibile’ per tutti di sviluppo, ossia di educazione, e segnatamente di scuola: si tratta della cosiddetta ‘scuola di massa’, o meglio scuola di popolo. In questo caso, la sfida è di riuscire a combinare la quantità con la qualità.

        b) Per una scuola di umanità. E’ indispensabile superare la dicotomia tra una scuola e un’educazione solo di cultura e una scuola ed un’educazione di sola prevalente professionalità lavorativa con cultura solo specialistica. Qui entra in campo il discorso relativo alle ‘competenze’. Oggi si deve puntare a un’educazione, anche scolastica e per tutti, che sia unitariamente tanto di cultura quanto di lavoro, ossia di umanità e operatività insieme per ciascuno. Bisogna umanizzare e spiritualizzare il lavoro – anche se non si potrà giungere all’idea di lavoro-felicità, in quanto esso manterrà sempre l’aspetto della fatica legata alle vicissitudini del vivere e dell’esistenza – per recuperargli le motivazioni creative, estetiche e culturali.
        c) Educare al mutamento: il significato della creatività. Nella realtà contemporanea, e soprattutto in occidente, non esiste più ‘il mestiere per tutta la vita’. Quasi paradossalmente, invece di imparare un mestiere è necessario ‘apprendere a cambiare mestiere’ con delle ripercussioni profonde nei riguardi dell’educazione e della didattica. Infatti, i contenuti del sapere, della cultura, delle informazioni sono sempre, e forse anche sempre più, necessari: ma nell’educazione il primato è passato ineludibilmente alle funzioni mentali ed alle acquisizioni di abilità creative, alla capacità di risolvere i problemi, più che di ripetere, con l’aggiunta di tutte le implicanze di insicurezza e di affettività.
        d) Possedere i ‘linguaggi’. A rendere più complesso il quadro culturale in ebollizione ed a minacciare il disorientamento degli spiriti si pone, come già è stato detto, la grande sfida dei mezzi di comunicazione di massa, con i loro effetti, le contraddizioni, i condizionamenti pervasivi. Non si tratta solo di fenomeni esteriori, ma di nuovi ‘linguaggi’, di messaggi trasmessi secondo nuove semantiche e nuove sintassi. Occorre, per questo, una educazione intesa ad interpretare, a decodificare questi nuovi linguaggi ai fini di una vita restituita alla consapevolezza del pensiero e della coscienza.
        e) La ricerca dei valori. La più diffusa delle contrapposizioni è quella tra tradizione e innovazione; ed è un problema antico quanto la cultura. La tradizione non può che giustificarsi nei valori di cui è depositaria anche nella sua presenza di ogni giorno; e la novità e l’innovazione sono da privilegiarsi in quanto rinnovano o propongono valori. Il problema dei rapporti tradizione-innovazione è cioè non un problema cronologico, ma assiologico.
        f) Continuità e qualità dell’insegnamento. Investire in educazione diventa per il futuro un elemento strategico che coinvolge i sistemi di istruzione, di formazione professionale, ma anche di formazione continua. Ci si deve, però, interrogare di quale tipo di insegnamento-apprendimento si tratti. La tendenza emergente sembra quella che vede l'apprendimento funzionale alle esigenze dell'economia e alle richieste del mondo produttivo. Ma questa prospettiva è, indubbiamente, insufficiente e deve essere integrata da un’idea di apprendimento che integri altri significati, più legati alle dimensioni psicologiche, sociali, culturali dell’esperienza del soggetto e che meglio sembrano rispondere alle sfide del cambiamento. 

     Il ‘continuum’ educativo e la qualità, dunque, si intrecciano con una visione antropologica dell’insegnamento, aperta alle dimensioni della costruzione della personalità del soggetto il quale, in un contesto pluralistico, deve imparare a convivere e ad assumere la responsabilità sociale, etica, politica delle proprie scelte. Si tratta di attuare il principio codificato anche nei documenti internazionali: ‘imparare ad essere’ per tutto l’arco della vita.”

5 commenti:

Anonimo ha detto...

La visione antropologia dell'insegnamento è perfettamente in sintonia con lo stile educativo di Santa Giovanna Antida.

Anonimo ha detto...

Già nelle Linee educative tracciate qualche anno fa si può benissimo ritrovare il senso della missionarietà educativa delle Suore della Carita di Santa Giovanna Antida Thouret e delle nostre scuole.
L'articolo è ben fatto. Complimenti.

Anonimo ha detto...

La missionarietà educativa è insita alla figura di Santa Giovanna Antida, fin dai primissimi anni del suo apostolato.

Elena ha detto...

Ho scoperto oggi questo blog. E' molto interessante e mi congratulo con le Suore della Carità.

SdC ha detto...

Un saluto affettuoso a Benedetta e tante preghiere da parte di tutte le scuole delle Suore della Carità.