domenica 11 novembre 2012

"...La cosa più importante nell'educazione non è un “affare”di educazione, e ancora meno di insegnamento..."


         Davanti all’indifferenza che, di fatto, si respira oggi anche nelle nostre scuole cattoliche , ma anche  nelle nostre parrocchie, viene da domandarsi se l’educazione sia ancora un valore di per sé e, come tale, irrinunciabile, oppure non sia soltanto uno dei tanti valori aggiunti alla preoccupazione dello “stare bene “ della persona e nulla di più.
       Jacques Maritain ha scritto che «La cosa più importante nell'educazione non è un “affare”di educazione, e ancora meno di insegnamento», perchè «l’esperienza, che è un frutto incomunicabile della sofferenza e della memoria, e attraverso la quale si compie la formazione dell'uomo, non può essere insegnata in nessuna scuola e in nessun corso».
        La categoria di esperienza – assunta nella sua integralità, una volta sgombrato il campo da ogni riduzione psicologico-soggettivistica del termine- è dunque il cardine della proposta educativa.
        L’esperienza integrale può garantire il processo educativo perché garantisce lo sviluppo di tutte le dimensioni di un individuo fino alla loro realizzazione integrale, e nello stesso tempo l’affermazione di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle dimensioni con tutta la realtà.
        Una simile impostazione, ad un tempo teoretica e pratica, mette subito in campo la natura inter-personale del processo educativo. Educatore ed educando sono considerati come liberi soggetti coinvolti in un rapporto modulato dall’imporsi del reale. La realtà, con il suo insopprimibile invito ad affermarne il significato, chiama la libertà al rischio del coinvolgimento. Per questo si può parlare del dialogo educativo in termini di avventura, un’impresa rischiosa e
affascinante. 
         Papa Benedetto non trascura mai di mettere  in evidenza il rapporto tra la testimonianza della fede e l’educazione affermando anche : “Perché l’esperienza della fededell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona.
        D’altronde ’ emergenza educativa attuale , di cui tutti parlano a dismisura, ma di cui pochi sembrano farsi ormai carico, impone  la necessità di un rinnovato protagonismo e investimento educativo capace di riprogettare percorsi, itinerari e metodi formativi che interessino trasversalmente tutti gli ambiti della vita privata e comunitaria con particolare riferimento ai compiti delle diverse agenzie educative.
          Il compito educativo interessa in modo trasversale i vari ambiti dell’esperienza umana: dall’affettività alla cittadinanza, dalla catechesi alla scuola, dal lavoro e dal tempo libero ai mezzi della comunicazione di massa.
              I Vescovi nell’individuare i soggetti della sfida educativa , dicono che “L’impegno educativo della Chiesa italiana è ampio e multiforme: si avvale della crescente responsabilità di molte famiglie, della vasta rete delle parrocchie, dell’azione preziosa degli istituti religiosi e delle aggregazioni ecclesiali, dell’opera qualificata delle scuole cattoliche e delle altre istituzioni educative e culturali, dell’impegno profuso nella scuola dagli insegnanti di religione cattolica.(…) Per rendere maggiormente efficace questa azione, non va sottovalutata l’importanza di un migliore coordinamento dei soggetti educativi ecclesiali, le cui originalità potrebbero trovare un luogo di collegamento e valorizzazione in un forum nazionale delle realtà educative”. 
            L’opera educativa incontra oggi, in un clima caratterizzato dalla crisi dell’umanesimo occidentale e dominato dal relativismo nichilista, una serie di difficoltà ..Qualcuno ha affermato che la nostra è una società non solida ma “liquida”, non monocentrica ma policentrica, non statica,m a dinamica. Viviamo in un villaggio globale con una miriade di aeropaghi e in unamegalopoli virtuale dove esiste una folla solitaria che comunica attraverso i blog e i siti internet checostituiscono quello che ormai viene definito il sesto potere. In una società che non è più caratterizzata dal riconoscimento di valori comuni, si attenuta la capacità educativa della famiglia e la scuola è ridotta a punto confuso di incontro e di scontro di pluralismi dispersi e di anonimato culturale.
            Se prima si poteva parlare di gioventù “bruciata” da tante esperienze più o meno ideologiche ,oggi sembra che diversi giovani siano “spenti” , senza radici, senza capacità di porre domande radicali, senza slancio, senza impegno, disorientati, qualunquisti, robot specializzati nell’uso del computer , del telefonino e dei videogiochi , ma incapaci di porsi domande sul perché di quello che sono e che fanno.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Forse la citazione di Maritain usata come titolo suona un poco strana, ma l'articolo nel suo insieme è abbastanza eloquente e condivisibile.