mercoledì 14 novembre 2012

In attesa del regolamento sulle NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI: nuove speranze e vecchie perplessità


      Siamo ancora in attesa del documento regolamento ministeriale, che a conclusione dell’iter di revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, introdurrà nel mondo della scuola le nuove indicazioni nazionali, sulle quali il 12 ottobre scorso il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole (n. 4265) .


      E’ inevitabile dunque , oltre che utile, porsi fin da ora sull’utilità e sull’utilizzo di tale documento un interrogativo di fondo: che rapporto c’è tra l’autonomia scolastica e la standardizzazione su scala nazionale degli obiettivi generali del processo formativo e specifici di apprendimento. In altre parole: perché ogni scuola non può stabilire in piena autonomia i suoi obiettivi?

      Nello schema delle nuobve Indicazioni nazionali viene richiamata l’autonomia delle scuole, come si legge nel capitolo dedicato alle Finalità generali: “L’ordinamento scolastico tutela la libertà di insegnamento (articolo 33) ed è centrato sull’autonomia funzionale delle scuole (articolo 117)” e contemporaneamente l’intenzione di “fissare gli obiettivi generali, gli obiettivi di apprendimento e i relativi traguardi per lo sviluppo delle competenze dei bambini e dei ragazzi per ciascuna disciplina o campo di esperienza”.

      Dunque la questione non è risolta (probabilmente non si risolverà mai, a meno che non venga abolito il valore legale del titolo di studio che necessariamente impone a tutti gli studenti italiani il raggiungimento di obiettivi comuni e standardizzati).

     Però viene indicata una strada interessante a chi volesse essere protagonista dell’impostazione della sua scuola: “le Indicazioni costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole. Sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale” (così si legge nel capitolo L’organizzazione del curriculo). A dire: lo Stato fissa dei traguardi standard per tutti gli studenti italiani, ma lascia la libertà ai singoli istituti e ai singoli docenti di scegliere, inventare, testare contenuti e metodi per raggiungerli. Certo, una libertà condizionata, concessa dall’alto, ma al contempo un invito per i docenti a riappropriarsi delle proprie discipline, dei saperi che introducono i giovani alla conoscenza della realtà e di sé stessi.

      Due gli aspetti meritevoli di riflessione che le nuove Indicazioni suggeriscono tra le righe: la verticalità e l’interdisciplinarità.

      La scuola del primo ciclo viene presentata in un unico capitolo nelle Indicazioni, a dire che il percorso che porta dall’ingresso nella scuola primaria alla scelta degli indirizzi di studio di quella superiore non può non essere pensato unitariamente. Ciò non significa che i due segmenti scolari (la scuola primaria e quella secondaria di I grado) non abbiano una loro specificità, motivata innanzitutto dalle differenti esigenze del bambino e del ragazzo, tant’è che obiettivi e traguardi vengono nel testo differenziati. Però è importante che dirigenti e docenti di tali scuole, spesso coesistenti nello stesso plesso e facenti parte di istituti comprensivi, inizino a confrontarsi, a progettare insieme, anche semplicemente iniziando a raccontarsi l’un l’altro.

       Un curriculum allora, prima di diventare un testo programmatico, consiste nella comune riflessione sull’esperienza didattica e formativa che i docenti quotidianamente fanno nelle loro aule. A tale riflessione il dirigente dovrebbe innanzitutto dar tempo e spazio, magari liberando i suoi docenti da tante incombenze burocratiche e invitandoli a dialogare tra loro e ad attestare le loro riflessioni e scoperte. Questa è la via privilegiata anche per realizzare nella propria scuola l’interdisciplinarità, che non nasce da un forzoso abbinamento di discipline (in tal senso le nuove Indicazioni fanno un passo avanti rispetto alle precedenti, eliminando il raggruppamento delle discipline in aree), né da un programmatico adeguamento della propria disciplina al raggiungimento di traguardi comuni, bensì dall’approfondimento di contenuti e metodi di ciascuna disciplina.

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