sabato 21 aprile 2012

ADHD... si tratta solo di alunni ribelli?....Si tratta solo di errori educativi?

        Riteniamo utile affrontare  a poche settimane di distanza dal termine delle lezioni di quest'anno scolastico uno dei problemi più assillanti che i consigli di interclasse o di classe devono affrontare al tavolo della valutazione finale: la sorte del soggetto "iperattivo", che, a una valutazione frettolosa e superficiale, decisamente ha realizzato poco in termini di apprendimento e di "crescita sociale" nel corso dell'anno scolastico e che anzi spesso ha "destabilizzato" la sua classe
         Lo facciamo in piena umiltà, consapevoli però  che il problema del soggetto portatore ADHD, cioè  di disturbi dell'attenzione e di iperattività è probabilmente più vicino a noi, più presente nelle nostre aule di quanto non si creda.
        In margine, nei "Documenti della Consulta S.C.E. e delle Scuole Paritarie SdC" ( basta cliccare sull'apposito link nella colonna a fianco a destra), riportiamo integralmente la circolare  MIUR n. 4089/2010, che  costituisce un' irrinunciabile guida operativa per tutti i consigli di interclasse o di classe e per tutti i singoli docenti, se realmente si vuole affontare questo problema  secondo lo stile educativo di Giovanna Antida Thouret. 
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         Lo stile educativo, lo stile scolastico creato da Giovanna Antida e ancora oggi seguito in tutte le scuole paritarie gestite dalle Suore della Carità, è anzitutto stile di "amore" verso il debole, lo svantaggiato, l"ultimo".  Ed è proprio uno degli ultimi il bambino ( o l'allievo) portatore di ADHD.
         Siamo però sicuri di riconoscerlo veramente?Chi è il portatore di Adhd?
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       E'forse uno di queli bambini che troviamo alle feste dei nostri figli, nei bus o sul treno, nelle scuole o per la strada e che si mostrano continuamente agitati, in continuo movimento, che non riescono a stare mai fermi, che si dimenano continuamente e che i genitori trovano grande difficoltà a tenere "buoni". 
      Quando, poi, iniziano a frequentare la scuola sono quei bambini che le insegnanti non vorrebbero mai tenere: si alzano continuamente dal loro posto, danno fastidio ai compagni, non riescono a svolgere i compiti assegnati e finiscono spesso per cambiare banco, classe e talvolta ... scuola. Il loro profitto scolastico proprio per la ridotta capacità di concentrazione è spesso scarso o comunque sufficiente e difficile è il loro rapporto con i coetanei, ma anche con gli adulti per la grande impulsività. La loro difficoltà viene percepita dai genitori e dagli insegnanti ma spesso, nel nostro paese, la diagnosi viene completamente misconosciuta.
       In realtà questi bambini non hanno nessuna colpa, né tanto meno i loro genitori che invece vengono spesso additati come incapaci a svolgere bene il proprio ruolo di educatori. Se il bambino risponde ad una serie di criteri clinici ben definiti dal mondo scientifico la loro è una vera patologia organica e come tale meritevole di una precisa terapia. Solo con l'ausilio di  una giusta terapia i bambini cambieranno radicalmente il loro modo di vivere e tutti, genitori, insegnati, compagni ma soprattutto il bambino, potranno finalmente cogliere la bellezza di una vita "normale".
Sebbene il problema sia stato ormai ben identificato e delineato nella letteratura internazionale e, quindi, diagnosticato e trattato da molti pediatri e neuropsichiatri, nel nostro paese esso è stato finora trattato in modo non sufficientemente demarcato (Levi e Penge 1996) dalla cosiddetta “Sindrome da iperattività”, termine generico che si riferisce ad una costellazione sintomatologica etio-patogeneticamente disomogenea, che contiene una serie svariata di disturbi organici o funzionali dei meccanismi di controllo dell’attività, alla cui base, spesso, esistono deviazioni dei meccanismi psico-emotivi, sconfinanti in veri e propri disturbi di personalità.
    La conseguente caratterizzazione psico-patologica del problema ha fatto sì che esso restasse lontano non solo da una prospettiva diagnostica e terapeutica adeguata alla sua vera natura ma anche dall’interesse da parte del vasto pubblico di pediatri, insegnanti e genitori che avrebbe, invece, meritato di conoscere un problema di così grande portata sociale, per la sua elevata diffusione nella popolazione infantile.
      A partire dagli anni Quaranta, gli psichiatri hanno utilizzato molti nomi per definire i bambini caratterizzati da iperattività e da una disattenzione e impulsività fuori della norma. Questi soggetti sono stati considerati affetti da “Minima disfunzione cerebrale”, da “Sindrome infantile da lesione cerebrale”, da “Reazione ipercinetica dell’infanzia”, da “Sindrome da iperattività infantile” e, più recentemente, da “Disturbo dell’attenzione”. I frequenti cambiamenti nelle definizioni rispecchiano l’incertezza che hanno avuto i ricercatori sulle cause del disturbo e perfino su quali fossero esattamente i criteri diagnostici.
L’ADHD non è un problema marginale che si risolve con l’età. Contrariamente, infatti, a quanto si riteneva un tempo la condizione può persistere in età adulta
    La sua storia naturale, infatti, è caratterizzata da persistenza fino all’adolescenza in circa due terzi dei casi e fino all’età adulta in circa un terzo o la metà dei casi. E molti di quelli che non rientrano più nella descrizione clinica dell’ADHD hanno ancora significativi problemi di adattamento nel lavoro, a scuola o in altri contesti sociali.
     L’ADHD, infatti, significativamente si associa a disturbi dell’adattamento sociale (personalità antisociale, alcoolismo, criminalità), basso livello accademico ed occupazionale, problemi psichiatrici, fino ad essere considerato uno dei migliori predittori, in età infantile, di cattivo adattamento psicosociale nell’età adulta. Anche se sembra che questo sia patrimonio più delle forme comorbide che delle forme semplici e delle forme con disturbi neuro-psicologici, e sia strettamente dipendete dal contesto evolutivo in cui cresce il bambino con ADHD, è la persistenza stessa dell’ADHD a rappresentare il fattore di peggior prognosi psicosociale, indicando che maggiormente perdurano gli effetti del disturbo più profondo è il loro influsso sullo sviluppo psico-emotivo.
 

6 commenti:

Sr.A. ha detto...

Non so se sia giusto dichiarare questi alunni non ammessi ...........bisognerebbe pensarci un po di più.

Anonimo ha detto...

Molti di questi alunni vengono rifiutati dalle scuole statali e accolti dalle nostre scuole paritarie.
I governanti dovreb bero capire e ponderare tutto ciò.

Anonimo ha detto...

Ogni alunno iperattivo ogni alunno disabile è nel cuore delle nostre scuole e di tutti noi.

M.

Anonimo ha detto...

Ho visto le disposizioni ministeriali tra i documenti.mi sembrano molto eloquenti.

Anonimo ha detto...

Potete inserire qualche chiarimento sulla dislessia? Grazie.

miriam ha detto...

adhd, una sigla o poco più| Dietro un mondo di dolore da scoprire, affrontare curare. oggi un problema in più: il ministero della pubblica istruzione vuole togliere a questi alunni il docente di sostegno. Sarà un costo o un risparmio? però, sempre sui più deboli e 2 volte più deboli, perchè piccoli e perchè adhd. chi ouò e sa li aiuti.