Una sintesi
conclusiva sulle ragioni della
nuova evangelizzazione nei luoghi educativi.
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Lo studio di sister Paola, pubblicato in
tre parti nelle settimane scorse,ci
rimanda di continuo alla necessità e all’urgenza di una nuova evangelizzazione
nei luoghi di lavoro, in particolare nei luoghi in cui si “fa” educazione e
istruzione, e in ogni caso dovunque sia
possibile (e lo è sempre e dappertutto) annunciare Cristo. Ma fino a qual punto
gli operatori di evangelizzazione sono, siamo legittimati dalla Chiesa in quest’opera vitale e
indispensabile?
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L’espressione Rinnovata evangelizzazione”, pur essendo stata anticipata già durante il pontificato di Paolo VI (cf. Evangelii Nuntiandi, 2, dove si parla di “nuovi tempi d’evangelizzazione”), è balzata alla ribalta della riflessione teologico-pastorale negli anni ’80, grazie specialmente a Giovanni Paolo II, che ne ha fatto un punto focale dei suo magistero, sin dal marzo 1983, quando, parlando ai vescovi del CELAM, invocò una evangelizzazione “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni”. Da quel momento il papa ha parlato, a più riprese, di “seconda evangelizzazione” di “rinnovata opera di evangelizzazione”, di “nuova implantatio evangelica”, di “gigantesca opera di evangelizzazione del mondo moderno”, di “nuova evangelizzazione” e, in particolare, di “nuova età di evangelizzazione in Europa”, affermandone l’urgenza e chiarendone il significato: “Urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali” (Christifideles laici, 34).
La nuova evangelizzazione consiste,
dunque, nel restaurare, talvolta persino nel ricostruire, il “tessuto
cristiano” della Chiesa e della società – profondamente mutata rispetto
al passato- in cui essa vive. La comunità ecclesiale, secondo il papa polacco,
saprà rivolgere l’annuncio evangelico alla nuova società europea, in modo nuovo
e significativo per gli uomini di oggi, nella misura in cui riuscirà ad
autorievangelizzarsi. In questo senso la nuova evangelizzazione
rappresenta innanzitutto una sorta di cartina al tornasole per verificare la
radicalità evangelica della Chiesa. Per Giovanni Paolo II la nuova
evangelizzazione deve prima far rinascere le comunità ecclesiali, la cui
vitalità si è sopita e deve riportarle ad una fede matura, che si alimenti
dell’incontro con Cristo e che si trasformi in un’esistenza autenticamente
cristiana, incentrata sulla carità evangelica e sostenuta dallo Spirito dell’Amore.
Solo dopo aver rievangelizzato se stessa, la Chiesa potrà proiettare la luce
del Vangelo sui segni dei tempi che richiedono d’essere interpretati e risolti,
e sarà capace di permeare di senso cristico le molteplici realtà umane che
anelano, oggi più di prima, di essere redente: la dignità della persona, il
diritto inalienabile dei piccoli e dei deboli della terra alla vita, i
fondamentali momenti vitali ed esistenziali dell’uomo (nascita, crescita,
malattia, morte), la famiglia, l’ansia e le speranze dei giovani, il lavoro e
l’economia, l’impegno politico, le nuove povertà del mondo contemporaneo, il
bisogno di pace, la cultura e le culture, il crollo dei sistemi ideologici, la
società intera e la sua vita (cf. ChL, cap. III).
Importante quanto complesso appare, tra
questi segni dei tempi, la secolarizzazione che, talvolta, in molte zone
d’Europa, si caratterizza non solo come diminuzione quantitativa del numero
dei cristiani praticanti, ma anche e soprattutto come uno scadimento qualitativo
dello stile di vita dei cristiani. Una tale secolarizzazione “qualitativa
“convive spesso, in clima di grave smarrimento e confusione, con una religione
“dello scenario”, o “dei comuni valori”, di cui parlano oggi alcuni sociologi:
una religione funzionale ai bisogni dell’uomo contemporaneo, ma che non
possiede più il senso della trascendenza-vicinanza di Dio, dell’adorazione e
della lode, della docile e serena dipendenza dalla volontà del Signore.
Insomma, una religione del gusto, che accetta ciò che conviene e piace, ma
rifiuta tutto il resto. In tale orizzonte è palese la crisi dei
tradizionali canali di trasmissione della fede, ancora attivi sino a qualche
decennio fa — almeno in alcune zone d’Europa — in seno alla società civile come
nelle comunità ecclesiali: la famiglia, gli ambiti di lavoro, la cultura
comune, le istituzioni sociali e quelle ecclesiali, la parrocchia intesa come
vera “fontana del villaggio”. Realtà queste un tempo ricche di
riferimenti religiosi e sostenute dal credo cristiano, fedelmente custodito e
trasmesso da generazione a generazione, in forma di autentica iniziazione alla
vita di fede, ma che oggi, per fattori sia esterni sia interni alle comunità
ecclesiali, hanno perduto la loro efficacia di fronte alle nuove situazioni in
cui il Vangelo deve risuonare. In tal senso l’esperienza cristiana persiste
sì nella società secolarizzata, ma dimenticando la sua identità, la sua
autentica valenza redentrice, i suoi contenuti evangelici.
Avviene così che la fede nel Dio di Gesù
Cristo è ridotta ad una serie di valori umani e a un conato di integrità
etica, e a niente di più. Come si vede, si tratta di situazioni nuove, che
dipingono il volto di un’Europa che sembra cambiata — o, come si dice,
postcristiana — e che evidenziano un inedito iato tra comunità ecclesiale e
società. Situazioni nuove che la Buona Novella deve rivisitare: ecco
perché si parla di nuova evangelizzazione! Infatti, la seconda evangelizzazione
— o la terza o la quarta che dir si voglia è tale non solo perché si pone in
continuazione con la prima evangelizzazione attuata duemila anni fa; o perché
attinge ad un nuovo Vangelo o fa conoscere altre verità su Cristo. Il
Vangelo non si piega a nessun tipo di trasformismo; è sempre l’unico Vangelo
di Cristo e costituisce ancora la novità della salvezza per gli uomini di tutti
i tempi. Il Vangelo è la Novità per antonomasia e si sottrae prodigiosamente
all’usura protervia dei tempo che, solitamente, opacizza ciò che è nuovo rendendolo
vecchio. L’evangelizzazione è nuova appunto quando riesce ad esprimere la
novità perenne del Vangelo, pure in un contesto di realtà inedite e davanti a
interlocutori nuovi. Essa è la Lieta Notizia di sempre: “Dio ti ama,
Cristo venuto per te!” (Sinodo Europeo, Dichiarazione, 3). Né
possono essere altri, rispetto al passato, gli interpreti della n.e., Scelti
per collaborare il Cristo: gli annunciatori del Risorto sono sempre i suoi
discepoli, che, con impegno convinto e rinvigorito, si rinnovano come comunità
e si pongono davanti al mondo quali testimoni della Vita nuova, della Vita
dello Spirito e nello Spirito. Questi attori, guidati dalla sapiente
regia dello Spirito della Verità, non sono solo i fedeli laici, forti della
loro “indole secolare” (cf. Lumen gentium, 31), né sono solo i
presbiteri, cui pure si riconosce il ruolo di “primi nuovi evangelizzatori”
(cf. Pastores dabo vobis, 2). Interpreti della nuova
evangelizzazione nell’Europa contemporanea sono piuttosto tutti coloro che,
rigenerati dallo Spirito dei Crocifisso-Risorto, formano la Chiesa: è la
comunità ecclesiale — comunione di persone diverse, ma vincolate reciprocamente
e ordinatamente nell’unità dello Spirito santo — il vero soggetto della nuova
evangelizzazione è la Chiesa tutta che realizza la rievangelizzazione, “ad
intra” e “ad extra”. La sua stessa storia può ben leggersi come storia di
una permanente evangelizzazione: storia del Vangelo che s’incarna, storia di
evangelizzatori che annunciano la Novità salvifica.