Davanti
all’indifferenza che, di fatto, si respira oggi anche nelle nostre scuole
cattoliche , ma anche nelle nostre
parrocchie, viene da domandarsi se l’educazione sia ancora un valore di per sé
e, come tale, irrinunciabile, oppure non sia soltanto uno dei tanti valori
aggiunti alla preoccupazione dello “stare bene “ della persona e nulla di più.
Jacques
Maritain ha scritto che «La cosa più importante nell'educazione non è un
“affare”di
educazione, e ancora meno di insegnamento», perchè «l’esperienza, che è un frutto incomunicabile
della sofferenza e della memoria, e attraverso la quale si compie la formazione dell'uomo,
non può essere insegnata in nessuna scuola e in nessun corso».
La
categoria di esperienza – assunta nella sua integralità, una volta sgombrato il
campo da ogni
riduzione psicologico-soggettivistica del termine- è dunque il cardine della
proposta educativa.
L’esperienza
integrale può garantire il processo educativo perché garantisce lo sviluppo di
tutte le dimensioni
di un individuo fino alla loro realizzazione integrale, e nello stesso tempo l’affermazione
di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle dimensioni con tutta la
realtà.
Una
simile impostazione, ad un tempo teoretica e pratica, mette subito in campo la natura inter-personale
del processo educativo. Educatore ed educando sono considerati come liberi soggetti
coinvolti in un rapporto modulato dall’imporsi del reale. La realtà, con il suo insopprimibile
invito ad affermarne il significato, chiama la libertà al rischio del
coinvolgimento. Per
questo si può parlare del dialogo educativo in termini di avventura, un’impresa
rischiosa e
affascinante.
Papa
Benedetto non trascura mai di mettere in
evidenza il rapporto
tra la testimonianza della fede e l’educazione affermando anche : “Perché
l’esperienza della fededell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si
trasmetta da una generazione all’altra, una questione
fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona.
D’altronde ’ emergenza educativa attuale ,
di cui tutti parlano a dismisura, ma di cui pochi sembrano farsi ormai carico, impone
la necessità
di un rinnovato protagonismo e investimento educativo capace di
riprogettare percorsi, itinerari
e metodi formativi che interessino trasversalmente tutti gli ambiti della vita
privata e comunitaria
con particolare riferimento ai compiti delle diverse agenzie educative.
Il
compito educativo interessa in modo trasversale i vari ambiti dell’esperienza
umana: dall’affettività
alla cittadinanza, dalla catechesi alla scuola, dal lavoro e dal tempo libero
ai mezzi della
comunicazione di massa.
I
Vescovi nell’individuare i soggetti della sfida educativa , dicono che “L’impegno educativo
della Chiesa italiana è ampio e multiforme: si avvale della crescente
responsabilità di molte
famiglie, della vasta rete delle parrocchie, dell’azione preziosa degli
istituti religiosi e delle aggregazioni
ecclesiali, dell’opera qualificata delle scuole cattoliche e delle altre
istituzioni educative
e culturali, dell’impegno profuso nella scuola dagli insegnanti di religione
cattolica.(…) Per
rendere maggiormente efficace questa azione, non va sottovalutata l’importanza
di un migliore coordinamento
dei soggetti educativi ecclesiali, le cui originalità potrebbero trovare un
luogo di collegamento
e valorizzazione in un forum nazionale delle realtà educative”.
Se
prima si poteva parlare di gioventù “bruciata” da tante esperienze più o meno
ideologiche ,oggi sembra che diversi giovani siano “spenti” , senza radici, senza capacità di
porre domande radicali,
senza slancio, senza impegno, disorientati, qualunquisti, robot specializzati
nell’uso del computer
, del telefonino e dei videogiochi , ma incapaci di porsi domande sul perché di
quello che sono
e che fanno.
1 commento:
Forse la citazione di Maritain usata come titolo suona un poco strana, ma l'articolo nel suo insieme è abbastanza eloquente e condivisibile.
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