Inizia con questo post, tratto dalla relazione da lei tenuta il 22 marzo scorso a RC in un convegno dell' E.S.U. diocesano, la collaborazione di Sr Paola Arosio - SdC intensamente impegnata e formata nell'educativo - al nostro blog. Fin d'ora giungano a Sr Paola la nostra gratitudine e la nostra incondizionata fiducia.
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Immaginiamo…
Una città senza vicini di casa rumorosi e litigiosi, dove ogni famiglia
ha il proprio appartamento isolato acusticamente e visivamente dagli altri in
modo che nessun vicino possa dar fastidio, appartamento costruito in modo da
evitare ogni incontro lungo le scale o nei pianerottoli o sulla via…Una città
dove le imprese e le organizzazioni sono scomparse e si comunica solo via
internet, ciascuno da casa propria… dove i media sono diventati così
sofisticati e interattivi da farci sentire tutto il giorno in compagnia di
tanti…una città perfetta! Una città
senza conflitti e senza ferite! Una città senza gioia!
La
vita in comune
Se facciamo riferimento al nostru universo biblico-liturgico, veniamo a
sapere che una vita in comune gioiosa è comunque ambivalente: è benedizione e
ferita. La fraternità cantata dai salmi (“Come
è bello e quanto è soave che i fratelli vivano insieme”) fa riferimento
alla figura di Aronne, ma noi sappiamo della rivalità che esplose proprio fra
Aronne e Myriam, nei confronti di Mosè.
Le comunità umane hanno cercato vari modi per evitare la ferita
associata alla vita in comune, creando dei mediatori che impedissero il
“combattimento” corpo a corpo tra “io e tu”:
·
Nel mondo antico e pre- moderno, il rapporto interumano
era sempre mediato dall’Assoluto e dalle comunità che lo rappresentavano nel loro ordine gerarchico;
·
Tramontato il mediatore sacrale, l’uomo moderno ha
abbassato lo sguardo, si è guardato attorno, e si è accorto dell’esistenza
dell’altro, cercando di risolvere il “corpo a corpo” attraverso la mediazione
del contratto;
·
Nell’ipermodernità, quando l’uomo dice “io” pensa al tu
con paura:trasformando la relazione contrattuale nel punto di coagulo
dell’intera esperienza contemporanea, ci sentiamo affrancati da una continguità percepita e
fatta percepire come pericolosa e siamo esonerati da ogni debito nei confronti
dell’altro. Si interrompe cosi il circuito sociale del debito reciproco.
La logica mercantile ha come conseguenza la
povertà antropologica che scontiamo nella nostra esperienza: per il mondo
dell’informazione siamo lettori e
spettatori, nel mercato siamo consumatori e lavoratori, di fronte alla politica
siamo elettori e contribuenti, per le istituzioni siamo utenti o pazienti… Come
invertire la direzione delle forze e innestare un circuito virtuoso?
La logica del servizio
Anche qui, se facciamo riferimento al
nostro universo biblico-liturgico, ci viene incontro la logica del servizio, incarnata
da Gesù, quaando nella notte del tradimento, nel pieno delle tensioni
dilanianti vissute dai suoi apostoli (chi lo sta “vendendo”, chi lo tradirà,
chi disputa per godere di maggiore considerazione rispetto agli altri cfr.
Luca,20), proprio “quando il diavolo
aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone , di tradirlo,
Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da
Dio e a Dio se ne tormava, si alzò da tavola , depose le sue vesti e, preso un
asciugatoio, se lo cinse. Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a
lavare i piedi ai discepoli, e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era
cinto (cfr. Gv 13,1-17).
Mettersi
a servizio
- È riconoscere che ESISTERE non è un diritto , ma un
DEBITO, che si paga restituendo amicizia, tenerezza,alleanza;
- È portare noi stessi fino alla possibile pienezza
della nostra identità;
- È prendersi cura, infondere durata e forza alla vita
“nascente”;
- È accogliere gli eventi di incontro, è riconoscere e
ospitare la grazia della relazione.
ALCUNI SPUNTI DI PEDAGOGIA DEL SERVIZIO
- EDUCARE AL SERVIZIO, servendo e imparando
a condividere e ri-elaborare il visssuto;
- MOTIVARE AL SERVIZIO, nutrendo l’universo
biblico-liturgico e arricchendo l’immaginario simbolico;
- PARTECIPARE AL SERVIZIO, facendo parte di un
gruppo coordinato da leadres disposti a mettersi in discussione;
- ACCOMPAGNARE NEL SERVIZIO, con la progressiva
assunzione di responsabilità, in prospettiva vocazionale;
- ORIENTARE IL SERVIZIO,uscendo dagli spazi
“dedicati”, imparare a servire “con “ gli altri, non “per” gli altri, e a
riconoscere ed accogliere la propria “trasformazione”;
- RIPENSARE AL SERVIZIO,verificando il
proprio radicamento nel bene, la consivisione d’essere e la semplicità delle
emozioni.
Mettersi a servizio non cerca scorciatoie
per evitare le conseguenze del “corpo a
corpo”: prende radicalmente sul serio le nostre ferite, le nostre fragilità, i
nostri vicoli ciechi, i nostri limiti, ma anche i nostri più profondi desideri
di fraternità, di pace, di serena convivenza con il nostro prossimo e con il
mondo, aiutandoci a intravedere in tali aspirazioni il segno dell’Origine che
ci precede, il volto di quel Donatore che fonda la nostra ricerca di
riconciliazione e di pace nella storia e
che è il nostro eterno destino di comunione. Altrimenti, l’esistere diventa un
veloce trascorrere nella confusione e nella dispersione, presi da un sentimento
di vanità che toglie le energie e fa impallidire passioni, desideri, ideali,
progetti e ogni attaccamento alla vita. Perchè noi non viviamo affatto per la
sopravvivenza.
Noi cerchiamo una vita che sia più della vita, nella quale ci sia dato di ricevere,
elaborare, orientare, esprimere la libertà e tutte le qualità proprie della
nostra umanità, nella quale ci sia dato di imparare ad amare mettendoci a
servizio gli uni degli altri – ci ha detto in questi giorni papa Francesco –
nella forma della tenerezza, che è simpatia e speranza insieme.
BUON
SERVIZIO!
Suor
Paola Arosio SdC – Roma
sisterpaola@hotmail.com