lunedì 26 novembre 2012

FINALMENTE FORMALIZZATO IL REGOLAMENTO APPLICATIVO DELLE NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI SULLA SCUOLA DELL'INFANZIA E DEL I8 CICLO

         Con comunicazione odierna del M.I.U.R. viene data pubblicizzazione al Nuovo Regolamento, datato 16 novembre scorso, con cui si dettano disposizioni circa l'applicazione delle Nuove Indicazioni Nazionali per la Scuola dell'Infanzia e del I ciclo d'Istruzione.
      Il Regolamento,  che diventa ufficiale dalla data della sua prubblicazione sulla G.U., che ripropone integralmente il testo delle Indicazioni Nazionali (bozza di settembre approvata dal C.N.P.I.) riportato integralmente nella sezione Documenti di questo blog ( link a fianco a dx), prevede, in particolare che :

  •  limitatamente a quest'anno scolastico i collegi dei docenti possano utilizzare solo le parti delle nuove indicazioni nazionali compatibili con il P.O.F. già elaborato;
  • le discipline di insegnamento sono: Italiano, lingua inglese, seconda lingua comunitaria, storia, geografia, matematica, scienze,musica, arte e immagine, educazione fisica (rispunta la "vecchia" denominazione della disciplina), tecnologia nonchè "Cittadinanza e Costituzione";
  • un comitato tecnico-scientifico, costituito con decreto del M.I.U.R. saràincaricato di indirizzare, siostenere e valorizzare le iniziative di formazione e di ricerca per aumentare l'efficacia dell'insegnamento in coerenza con le finalità e i traguardi previsti nelle nuove Indicazioni Nazionali;
  • sono avviate dall'Amministrazione scolastica iniziative di formazione del personale e un sistema di monitoraggio delle esperienze che consenta di raccogliere dati e osservazioni per il miglioramento dell'efficacia del sistema di istruzione e per successivi eventuali aggiornamenti delle Indficazioni stesse;
  • a partire dall'anno scolastico 2014/2015 occorrerà adeguare i contenuti dei libri di testo  destinati alle scuole del I ciclo alle nuove Indicazioni Nazionali.


mercoledì 14 novembre 2012

In attesa del regolamento sulle NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI: nuove speranze e vecchie perplessità


      Siamo ancora in attesa del documento regolamento ministeriale, che a conclusione dell’iter di revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, introdurrà nel mondo della scuola le nuove indicazioni nazionali, sulle quali il 12 ottobre scorso il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole (n. 4265) .


      E’ inevitabile dunque , oltre che utile, porsi fin da ora sull’utilità e sull’utilizzo di tale documento un interrogativo di fondo: che rapporto c’è tra l’autonomia scolastica e la standardizzazione su scala nazionale degli obiettivi generali del processo formativo e specifici di apprendimento. In altre parole: perché ogni scuola non può stabilire in piena autonomia i suoi obiettivi?

      Nello schema delle nuobve Indicazioni nazionali viene richiamata l’autonomia delle scuole, come si legge nel capitolo dedicato alle Finalità generali: “L’ordinamento scolastico tutela la libertà di insegnamento (articolo 33) ed è centrato sull’autonomia funzionale delle scuole (articolo 117)” e contemporaneamente l’intenzione di “fissare gli obiettivi generali, gli obiettivi di apprendimento e i relativi traguardi per lo sviluppo delle competenze dei bambini e dei ragazzi per ciascuna disciplina o campo di esperienza”.

      Dunque la questione non è risolta (probabilmente non si risolverà mai, a meno che non venga abolito il valore legale del titolo di studio che necessariamente impone a tutti gli studenti italiani il raggiungimento di obiettivi comuni e standardizzati).

     Però viene indicata una strada interessante a chi volesse essere protagonista dell’impostazione della sua scuola: “le Indicazioni costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole. Sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale” (così si legge nel capitolo L’organizzazione del curriculo). A dire: lo Stato fissa dei traguardi standard per tutti gli studenti italiani, ma lascia la libertà ai singoli istituti e ai singoli docenti di scegliere, inventare, testare contenuti e metodi per raggiungerli. Certo, una libertà condizionata, concessa dall’alto, ma al contempo un invito per i docenti a riappropriarsi delle proprie discipline, dei saperi che introducono i giovani alla conoscenza della realtà e di sé stessi.

      Due gli aspetti meritevoli di riflessione che le nuove Indicazioni suggeriscono tra le righe: la verticalità e l’interdisciplinarità.

      La scuola del primo ciclo viene presentata in un unico capitolo nelle Indicazioni, a dire che il percorso che porta dall’ingresso nella scuola primaria alla scelta degli indirizzi di studio di quella superiore non può non essere pensato unitariamente. Ciò non significa che i due segmenti scolari (la scuola primaria e quella secondaria di I grado) non abbiano una loro specificità, motivata innanzitutto dalle differenti esigenze del bambino e del ragazzo, tant’è che obiettivi e traguardi vengono nel testo differenziati. Però è importante che dirigenti e docenti di tali scuole, spesso coesistenti nello stesso plesso e facenti parte di istituti comprensivi, inizino a confrontarsi, a progettare insieme, anche semplicemente iniziando a raccontarsi l’un l’altro.

       Un curriculum allora, prima di diventare un testo programmatico, consiste nella comune riflessione sull’esperienza didattica e formativa che i docenti quotidianamente fanno nelle loro aule. A tale riflessione il dirigente dovrebbe innanzitutto dar tempo e spazio, magari liberando i suoi docenti da tante incombenze burocratiche e invitandoli a dialogare tra loro e ad attestare le loro riflessioni e scoperte. Questa è la via privilegiata anche per realizzare nella propria scuola l’interdisciplinarità, che non nasce da un forzoso abbinamento di discipline (in tal senso le nuove Indicazioni fanno un passo avanti rispetto alle precedenti, eliminando il raggruppamento delle discipline in aree), né da un programmatico adeguamento della propria disciplina al raggiungimento di traguardi comuni, bensì dall’approfondimento di contenuti e metodi di ciascuna disciplina.

domenica 11 novembre 2012

"...La cosa più importante nell'educazione non è un “affare”di educazione, e ancora meno di insegnamento..."


         Davanti all’indifferenza che, di fatto, si respira oggi anche nelle nostre scuole cattoliche , ma anche  nelle nostre parrocchie, viene da domandarsi se l’educazione sia ancora un valore di per sé e, come tale, irrinunciabile, oppure non sia soltanto uno dei tanti valori aggiunti alla preoccupazione dello “stare bene “ della persona e nulla di più.
       Jacques Maritain ha scritto che «La cosa più importante nell'educazione non è un “affare”di educazione, e ancora meno di insegnamento», perchè «l’esperienza, che è un frutto incomunicabile della sofferenza e della memoria, e attraverso la quale si compie la formazione dell'uomo, non può essere insegnata in nessuna scuola e in nessun corso».
        La categoria di esperienza – assunta nella sua integralità, una volta sgombrato il campo da ogni riduzione psicologico-soggettivistica del termine- è dunque il cardine della proposta educativa.
        L’esperienza integrale può garantire il processo educativo perché garantisce lo sviluppo di tutte le dimensioni di un individuo fino alla loro realizzazione integrale, e nello stesso tempo l’affermazione di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle dimensioni con tutta la realtà.
        Una simile impostazione, ad un tempo teoretica e pratica, mette subito in campo la natura inter-personale del processo educativo. Educatore ed educando sono considerati come liberi soggetti coinvolti in un rapporto modulato dall’imporsi del reale. La realtà, con il suo insopprimibile invito ad affermarne il significato, chiama la libertà al rischio del coinvolgimento. Per questo si può parlare del dialogo educativo in termini di avventura, un’impresa rischiosa e
affascinante. 
         Papa Benedetto non trascura mai di mettere  in evidenza il rapporto tra la testimonianza della fede e l’educazione affermando anche : “Perché l’esperienza della fededell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona.
        D’altronde ’ emergenza educativa attuale , di cui tutti parlano a dismisura, ma di cui pochi sembrano farsi ormai carico, impone  la necessità di un rinnovato protagonismo e investimento educativo capace di riprogettare percorsi, itinerari e metodi formativi che interessino trasversalmente tutti gli ambiti della vita privata e comunitaria con particolare riferimento ai compiti delle diverse agenzie educative.
          Il compito educativo interessa in modo trasversale i vari ambiti dell’esperienza umana: dall’affettività alla cittadinanza, dalla catechesi alla scuola, dal lavoro e dal tempo libero ai mezzi della comunicazione di massa.
              I Vescovi nell’individuare i soggetti della sfida educativa , dicono che “L’impegno educativo della Chiesa italiana è ampio e multiforme: si avvale della crescente responsabilità di molte famiglie, della vasta rete delle parrocchie, dell’azione preziosa degli istituti religiosi e delle aggregazioni ecclesiali, dell’opera qualificata delle scuole cattoliche e delle altre istituzioni educative e culturali, dell’impegno profuso nella scuola dagli insegnanti di religione cattolica.(…) Per rendere maggiormente efficace questa azione, non va sottovalutata l’importanza di un migliore coordinamento dei soggetti educativi ecclesiali, le cui originalità potrebbero trovare un luogo di collegamento e valorizzazione in un forum nazionale delle realtà educative”. 
            L’opera educativa incontra oggi, in un clima caratterizzato dalla crisi dell’umanesimo occidentale e dominato dal relativismo nichilista, una serie di difficoltà ..Qualcuno ha affermato che la nostra è una società non solida ma “liquida”, non monocentrica ma policentrica, non statica,m a dinamica. Viviamo in un villaggio globale con una miriade di aeropaghi e in unamegalopoli virtuale dove esiste una folla solitaria che comunica attraverso i blog e i siti internet checostituiscono quello che ormai viene definito il sesto potere. In una società che non è più caratterizzata dal riconoscimento di valori comuni, si attenuta la capacità educativa della famiglia e la scuola è ridotta a punto confuso di incontro e di scontro di pluralismi dispersi e di anonimato culturale.
            Se prima si poteva parlare di gioventù “bruciata” da tante esperienze più o meno ideologiche ,oggi sembra che diversi giovani siano “spenti” , senza radici, senza capacità di porre domande radicali, senza slancio, senza impegno, disorientati, qualunquisti, robot specializzati nell’uso del computer , del telefonino e dei videogiochi , ma incapaci di porsi domande sul perché di quello che sono e che fanno.